Sono sbarcata in Africa e mi è mancato il fiato. Caldo, umidità e un
odore acre di ascelle che non conoscono acqua, nè tantomeno deodoranti,
mi hanno accolta. E ho sorriso.
L'aeroporto di Stone Town,
decadente quanto affascinante capitale di Zanzibar, senza aria
condizionata, senza regole, senza nastro dei bagagli è tutto un
pullulare di voci e colori. Karibu! Hakuna matata! Frasi ripetute in
sottofondo, che hanno accompagnato il mio soggiorno in quest’ultimo
Natale.
Sui cataloghi delle agenzie di viaggio Zanzibar è
chiamata “l’isola delle spezie”, ma non basta. Per me rappresenta la
magia di potersi addormentare sotto un manto di stelle, col vento tra i
capelli e il sale sulla pelle. Di rimanere incantati di fronte a
tramonti mozzafiato, di commuoversi davanti a un’alba incantata. Di
nuotare felice con i delfini. E’ il luogo dove, dopo tanto stress, ho
camminato sempre scalza provando un senso di libertà unico, dove ho
tolto l’orologio e scandito le mie giornate al ritmo della natura. E’ il
posto che più mi ha fatto provare un raro senso di appartenenza
difficile da spiegare a parole. Dove è stato possibile fare un viaggio:
attraverso un luogo, dentro di me.
Sono stata avvolta da colori accecanti: dal verde delle
palme, dei banani e di mille piante tropicali, dalla sabbia bianca e
talcata, dall’oceano cristallino, potente e silenzioso. E sono stata
rapita e conquistata dagli sguardi teneri e amichevoli della gente del
posto, timida e curiosa. Dalla dolcezza dei bambini, che si divertono
con poco e sorridono molto, sempre e comunque, anche se spesso non c’è
proprio da sorridere... Nel pullulare di villaggi turistici, resort
stellati, hotel di charme, che si susseguono lungo chilometri di spiagge
bianche, ho incontrato persone meravigliose e incrociato occhi profondi
e pieni di sogni.
Zanzibar è intrisa di umanità pura, di cose semplici e
autentiche, e anche di tante contraddizioni. Dal mio rientro sono
attraversata da un grande senso di impotenza... I bianchi europei,
"superiori", hanno molte responsabilità, prima fra tutte quella di aver
depredato (perchè è sempre il lato economico che muove il mondo, ahimè)
senza curarsi delle potenzialità di un popolo sicuramente indolente ma
tanto bello. Non é una questione di intelligenza , come qualcuno spesso
suggerisce, ma di abito mentale e abitudini pratiche. Mi chiedo tutti i
giorni cosa sia possibile fare, nel nostro piccolo da qui, a parte
inviare scatoloni pieni di vestiti usati...
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